Roma severiana, adottò una medesima tipologia formale (17). La facciata baiana recepì forse la sua articolazione proprio da tali elaborati ninfei, ma la dilatò secondo uno schema che rivitalizzava il motivo tardo-repubblicano della parete ornata da nicchie semicircolari.

Tante peculiarità architettoniche pervase da un'accentuata volontà di ricerca, l'imponenza ed il fasto scenografico dell'insieme, il tenore della decorazione marmorea in parte ricostruibile dai pur minuti frammenti e lo stesso costo dei lavori eseguiti, sono tutti elementi che concorrono a far ritenere che la villa sommersa fosse parte del demanio imperiale. Essa vi potrebbe essere confluita per mezzo di una confisca, a seguito degli avvenimenti legati alla fallita congiura pisoniana dell'anno 65 d.C., divenendo uno dei tanti palazzi dei Cesari che, lungo l'arenile, resero sempre più esiguo lo spazio occupato dalla preesistente proprietà privata.

Ciò che emerge da un'analisi delle strutture è la convinzione che più di un elemento compositivo sia stato realizzato seguendo, ed anzi sviluppando alcuni degli elementi concettuali apparsi nella Villa Adriana di Tivoli il che, in altri termini, oltre ad indirizzare meglio la datazione, ripropone il ruolo progettuale di un architetto d'eccezione che potrebbe essere stato lo stesso imperatore Adriano (i8).

Fino a cinquant'anni fa sembrava fortemente improbabile che Adriano avesse promosso a Baia qualche programma edilizio di rilievo: si sapeva solo che nel 138 d.C., al termine della vita, egli vi cercò nelle acque termali la cura delle affezioni che di lì a poco lo avrebbero condotto alla tomba. Alcuni studi successivi, dovuti soprattutto al De Angelis d'Ossat, hanno però chiarito che il silenzio delle fonti letterarie al riguardo è decisamente ingannevole: a Baia Adriano non rinunciò alla aedificandi voluptas e tra il 125 ed il 138 d.C. fece innalzare, oltre alla rotonda del cosiddetto Tempio di Venere, anche un attiguo e fastoso palatium (19).

Grazie alle indagini sottomarine appare ora chiaro che i programmi edilizi adrianei furono ancora più consistenti e forse non inferiori a quelli, assai più noti, che le fonti attribuirono ad Alessandro Severo: spetterà pertanto a ricerche future il compito di determinarne l'effettiva portata ed estensione (20).

I lavori finora condotti a Baia consentono ormai di restituire con buona approssimazione l'antica fisionomia dei luoghi, sicché l'ex villa dei Pisoni può essere inserita nel suo contesto che ora cercheremo di delineare sinteticamente.

Per lungo tempo si è ritenuto che Baia si affacciasse su un'insenatura più o meno simile a quella attuale anche se, ovviamente, in posizione assai meno arretrata. Le indagini dirette hanno tuttavia evidenziato una situazione notevolmente diversa (tav. A).

La rada di Baia si presentava occupata da un lago costiero del quale si è rinvenuto l'ampio canale navigabile che, tagliando il cordone sabbioso litoraneo, lo metteva in comunicazione col mare. Lungo l'arenile sorgevano terme e ville e dinanzi alla Punta dell'Epitaffio si pose mano alla villa marittima più prestigiosa, edificandola per buona parte tra i flutti. Ciò che caratterizza l'ex villa pisoniana è infatti la vastità dell'intero settore meridionale che si prolungava nel mare per almeno m 120. Realizzate nel mare sono anche le strutture, ricognite ma non ancora rilevate, visibili su una gettata che si collegava alle terme orientali per mezzo di un'arcata (fig. 6) ampia m 5; pertanto si può ritenere che le onde si inoltrassero abbastanza profondamente verso il lato breve orientale del vasto cortile cinto dagli ambulacri.

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La costruzione dei moli del canale d'accesso al lago e delle pilae della villa pisoniana determinò, nell'area intermedia occupata almeno parzialmente da vivai, la creazione di un'insenatura artificiale. Rilevando alcuni nuclei monumentali siti in questa zona ci si è resi conto che l'originario arenile è stato rincalzato in diversi punti da gettate cementizie e corrisponde, grossomodo, alla linea batimetrica dei cinque metri riportata sulle carte della Marina Militare. La sezione del fondale mostra valori abbastanza costanti fra Punta dell'Epitaffio e la villa dei Pisoni: i ruderi sommersi giacciono infatti ad una profondità media di circa m 5,50 che ascende a m 6,40 solo a 370 metri dalla costa, sulla testata della gettata cementizia attigua alla peschiera. La villa dei Pisoni era collegata al canale del lago baiano per mezzo di una strada che è stata parzialmente disegnata con le strutture finitime, ma nulla può dirsi, ancora, di un collegamento viario verso la Punta dell'Epitaffio e quindi verso il palazzo dell'imperatore Claudio. Dinanzi alla Punta dell'Epitaffio esiste in realtà un basolato stradale, esso segue però il contorno del promontorio.

Secondo il Napoli, l'area compresa tra il porto di Baia e la Punta dell'Epitaffio dovette fungere soprattutto da polo termale ed in effetti nei nostri rilievi non mancano strutture termali; in molti casi tuttavia esse si riferiscono a ville e dunque si inseriscono in un contesto misto, dove anzi l'edilizia residenziale gioca un ruolo indiscutibilmente dominante (21). Ingannevole è del resto la sparuta consistenza dei resti edilizi conservati in ambiente aereo nella zona indicata dal Napoli. La loro scarsità è dovuta agli sbancamenti operati dalla viabilità e dall'edilizia spontanea e quel che sopravvive non mostra i segni di una distribuzione

 
 

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