BAIA SOMMERSA
NUOVE EVIDENZE TOPOGRAFICHE E MONUMENTALI

di G. Di Fraia

A partire dal 1984 si è ripreso, nell'intento di realizzarlo organicamente, il programma di rilevamento topografico e monumentale a suo tempo auspicato dal Maiuri e dal Lamboglia (I).

Sulla base di ricognizioni e di rilevamenti diretti si è proceduto alla stesura di una carta del fondale ancora più dettagliata di quanto già non fosse nelle intenzioni di quell'originario e vastissimo programma, estendendolo, seppur procedendo per aree-campione, all'intera rada di Baia, dalla Punta dell'Epitaffio fino all'altura del Castello Aragonese (tav. A).

Ne è emerso un quadro assai ricco che, se è ancora da approfondire nella specificità dei singoli elementi, è tuttavia già discretamente rappresentativo.

Nel corso dell'esposizione si farà il punto sullo stato della questione, presentando il rilievo del palazzo adrianeo sorto nel sito di una preesistente villa attribuita ai Pisoni, passando poi ad un tentativo di definizione dell'assetto areale delle strutture antistanti la Punta dell'Epitaffio. In un'altra zona di Baia sommersa una vasta serie di strutture si estende fra l'antico litorale e la sponda di un lago finora dimenticato poiché inglobato e annullato dagli effetti del bradisismo.

Nello specchio d'acqua prospiciente i Cantieri Navali di Baia nuove emergenze, miracolosamente sfuggite al riempimento operato nei primi anni del secolo, vengono poi a precisare l'andamento della fascia costiera d'età classica, con una fitta successione di imponenti rovine nei pressi del Castello Aragonese.

Le recenti acquisizioni, da correlare con quelle raccolte in precedenza, contribuiscono dunque a formare un panorama variegato e complesso che in questa sede ci limiteremo a tracciare solo nelle sue linee salienti.

La villa del Pisoni ed il contesto prossimo a Punta dell'Epitaffio

I ruderi della gigantesca villa adrianea che soppiantò l'edificio attribuito in una precedente occasione alla famiglia dei Pisoni (2) si trovano 130 metri a sud-est di Punta dell'Epitaffio ed occupano un'area di m 181 x 230 relativa però alla sola parte finora rilevata, priva della parte residenziale vera e propria. Quel che emerge dal disegno si limita a un vasto giardino bordato da ambulacri, a due nuclei termali e all'imponente quartiere marittimo con cisterne, piccoli vani di soggiorno e bacini di peschiere conclusi da un poderoso sistema di protezione foranea articolato in una fitta successione di pilae (tav. I).

L'organismo architettonico facente capo al cortile è a pianta rettangolare, risulta impiantato sull'asse NE/SO e serba ben poco della fase originaria ascrivibile ai primi anni del I sec. d.C. Ciò che si vede è frutto di un radicale intervento di ricostruzione che eliminò tutte le preesistenti strutture, eccetto forse una peschiera venuta recentemente in luce ed una canaletta sul lato sud-orientale, dove era alloggiata la fistula plumbea di L. (Calpurnius) Piso che fu il primo o uno dei primi proprietari della costruzione più antica (3).

I resti edilizi pertinenti alla fase di II secolo si pongono principalmente intorno ad un cortile centrale dalla pianta grossomodo rettangolare e si articolano, sui lati lunghi, in una serie di ambulacri che adducono alle parti residenziali realizzate sui lati brevi, ora quasi interamente occultate dalla matta delle radici e dal soprastante manto della caulerpa prolifera.

L'edificio, impiantato come si è detto sull'asse NE/SO, mostra però un differente allineamento nella parte sud-orientale dove sorge il settore marittimo, preannunciato da modesti ambienti con funzione di deposito e, più a meridione, dall'inizio della poderosa gettata cementizia che, protesa in origine nel mare aperto, si spingeva fino alle peschiere e alle pilae esterne. Pochi cenni descrittivi basteranno a far comprendere l'intrinseca, notevole importanza di questa villa marittima, e ad inserirla nella topografia baiana.

Iniziamo dalla fastosa facciata prospiciente Punta dell'Epitaffio, oggi semidistrutta e con un elevato che solo in qualche punto raggiunge m 1,40.

Essa è spessa più di un metro e dovette innalzarsi per almeno due piani. Il primo livello reca ancora cospicue tracce di una decorazione di marmi, di stucchi e di pitture policrome, ma ciò che mobilitava il prospetto era il suo peculiare disegno che dava alla facciata e all'ambulaero retrostante un chiaroscurato volume.

In luogo di una semplice parete ornata da partizioni architettoniche convenzionali, gli oltre 111 metri della facciata evidenziano infatti, un raffinata e coloristica alternanza di luci e di ombre, dovuta alla ritmica inserzione di ben quindici ampie nicchie curvilince inquadrate da semicolonne corinzie impostate su un podio (fig. i).

All'interno di ogni nicchia campeggiava un'edicola dall'alto zoccolo plasticamente rilevato e all'esterno, nella specchiatura fra una nicchia e l'altra, si poneva un'altra piccola nicchia ombrosa, impostata su uno zoccolo convesso che arricchiva ulteriormente la già notevole modulazione dell'insieme (tav. 11).

Un emiciclo absidato con un bacino antistante delimita a sud-ovest lo scenografico fronte monumentale che è concluso, all'estremità opposta, da un impianto termale sopraelevato (fig. 2), munito di una natatio dal fondo rivestito di lamine plumbee e adiacente ad una serie di ampie cisterne.

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