Seminari
ITIS “G.Tassinari” di Pozzuoli (NA)
3 dicembre 2009
Alle origini della scienza: la splendida vicenda dei "Presocratici".
1. Introduzione
In questa breve conversazione, non parlerò come Preside, ma come studioso di epistemologia in ambito filosofico.scientifico.
Occorre partire, quindi, dalla definizione stessa di epistemologia, intendendo, con questo termine tecnico la base conoscitiva ed organizzativa del pensiero scientifico.
In altri termini l’epistemologia indica il modo di procedere logicamente corretto, l’unico in grado di conferire rigore alle argomentazioni e valore scientifico alle ipotesi di cui continuamente si serve la scienza.
Poiché questa base conoscitiva ed organizzativa del pensiero scientifico ha una lunga storia, questo incontro è dedicato a far capire come è incominciata la grande ed entusiasmante avventura della scienza.
2. La singolare impostazione di Wilhelm Windelband alla sua storia del pensiero
Windelband, tedesco, è un grande storico del pensiero e propone qualcosa di davvero singolare.
Nel suo manuale di storia del pensiero filosofico-scientifico, di circa 1000 pagine, anziché dedicare al pensiero greco un minimo numero di pagine, lasciando spazio per il pensiero moderno e soprattutto contemporaneo, dedica ai filosofi greci almeno 1/3 del volume complessivo dell’opera.
Considerando che il cammino della scienza inizia nel VI sec. a.C. e, quindi dura ben 2600 anni, e che il pensiero greco più importante è di quattro secoli scarsi, la cosa potrebbe lasciare interdetti e si spiega con l’idea di Windelband, secondo il quale i Greci in quei pochi secoli “hanno detto pressoché tutto”.
Le loro intuizioni sono infatti incredibili, in quanto tracciano il solco al pensiero scientifico dei secoli successivi, anzi dei millenni a venire e fanno di Windelband un “innamorato” del mondo greco.
Ma Windelband non è il solo.
Basti pensare al più grande epistemologo della nostra era, recentemente scomparso, cioè Karl Popper, che ha pure una vera e propria “passione” per il pensiero greco, anzi di quei filosofi greci del VI-V sec. a.C., detti “Presocratici”, in quanto precedono la grande testimonianza di Socrate ad Atene.
Entrambi hanno ragione da vendere, come vedremo a breve.
3. L’inizio del pensiero filosofico-scientifico
Tutto ha inizio nel VI sec. a.c. , allorché contempliamo l’inizio della scienza e della filosofia con la scoperta del “Logos”, parola greca che possiamo tradurre con “ragione scientifica”.
La scienza è logos non mito, nel senso che essa non utilizza sentimento, fantasia ed immaginazione per spiegare la realtà, ma un ragionamento rigorosamente legato ai dati osservati “oggettivamente”, cioè per quelli che sono, utilizzando argomentazioni rigorose, che passano dalle premesse alle conclusioni mediante il principio di causalità.
Se nel mito i fulmini venivano spiegati come segno della collera del dio Giove, si passa a considerarli un “fenomeno naturale”, spiegabile mediante leggi fisiche, andando dall’effetto alla causa, con costruzione logica del pensiero.
Il primo “scienziato” che inaugura questo passaggio dal mito al logos fu Talete e con lui notiamo come la filosofia e la scienza vadano di pari passo con la matematica , che diventa il linguaggio della scienza.
Talete , che conosciamo dallo studio della matematica, fu in grado di misurare l‘altezza delle piramidi dalla loro ombra (triangolazione e proporzionalità), scoprì una serie di teoremi, colse l’importanza dell’acqua nell’equilibrio cosmico e della vita, riuscì a predire eclissi, in altri termini raggiunse un grado di conoscenze che per l’epoca sono incredibili.
Ma altri grandi matematici furono i Pitagorici, molti dei quali vissero in Italia , nelle colonie della Magna Graecia.
Per loro la matematica fu così importante da ritenere che il numero sia l’essenza stessa della realtà.
Le cose, infatti, hanno forma geometrica, ogni forma geometrica è riducibile a numero, per cui tutta la realtà è riducibile a numero.
Pensiamo, inoltre, al teorema di Pitagora ed alla terna “3,4,5” ( il cui quadrato del terzo numero è somma dei quadrati dei primi due) , che diventa una sorta di terna magica.
Ma pensiamo anche alla scoperta dell’incommensurabilità tra la misura della diagonale di un quadrato ed il suo lato, che determina quel fatidico “radical 2” e che determina la scoperta del numero irrazionale che segnò la loro crisi, in quanto i Pitagorici non avevano strumenti per gestire quella che a loro sembrava un terribile contraddizione.
Infine è da notare come i Pitagorici siano i pochissimi nell’antichità ad ipotizzare la teoria eliocentrica, nel senso che ritenevano falso che fosse la a al centro del sistema e gli astri ruotassero intorno ad essa, poiché ritenevano giustamente che al centro del sistema vi fosse “Elios”, cioè il sole.
4. La scoperta delle leggi logiche
Ma alle basi della logica matematica, proprio quella che usiamo e abbiamo imparato nelle prime lezioni di matematica c’è il contributo di un grande pensatore, nostro corregionale: Parmenide , il quale visse a Velia (Paestum).
Fu lui a formulare il principio di identità e on contraddizione “A=A” , mentre il suo discepolo Zenone intuì il concetto di “limite di x che tende o a 0 o all’infinito” e, quindi, è l’anticipatore del concetto di calcolo infinitesimale, inteso come infinitamente piccolo (tendente a 0) o infinitamente grande (tendente all’infinito).
Ma il più moderno degli antichi fu un astioso e non molto simpatico filosofo di Efeso, Eraclito, che riteneva di doversi esprimere in modo oscuro per rendere accessibile il suo pensiero solo a pochi eletti.
E’ famosa, soprattutto per la volgarizzazione di De Crescenzo, la sua tesi che “tutto scorre”, ( il “panta rei” che è titolo della celebre opera divulgativa del citato ingegnere napoletano, è davvero una sua idea).
La realtà per Eraclito cambia e muta continuamente, al punto che non possiamo immergerci due volte nelle acque dello stesso fiume, non solo perché l’acqua nel frattempo è cambiata, ma anche perché noi stessi non siamo più quelli di prima.
5. Empedocle, antesignano della chimica biologica
Ad Agrigento, altra celebre città greca, vive Empedocle, dipinto come una sorta di stregone, ma, in realtà un antenato di voi chimici.
E’ sua l’idea che gli elementi che compongono la realtà (terra, aria, acqua e fuoco) si attraggano e respingano, e, combinandosi, diano luogo alle varie cose, mentre, disgregandosi, diano luogo alla loro dissoluzione.
Interessante il suo nuovo modello di salute come equilibrio biochimico degli elementi (sempre terra, aria, acqua e fuoco) che compongono l’uomo.
La medicina consiste nel mantenere in equilibrio i 4 elementi, somministrando farmaci (o prescrivendo opportuna dieta) , in maniera da compensare il deficit di uno o più elementi o diminuirne la quantità se in eccesso.
La morte è vista da lui come un’alterazione irreversibile dell’equilibrio dei 4 elementi nell’uomo, che ne impedisce le funzioni vitali.
6. La grande meraviglia dell’antichità. Il concetto di “atomo”
Ma quelli che sconcertano e sono la grande meraviglia dell’antichità sono gli Atomisti, Leucippo e Democrito, i quali forniscono ampio materiale a quel nuovo modello di realtà che sarà la fonte della teoria di Lord Rutherford
La realtà è fatta di atomi, che sono infiniti e si muovono irrefrenabilmente nel cosmo, combinandosi e, quindi dando essere alle cose e successivamente disgregandosi e , quindi, determinando la fine delle cose stesse per determinarne altre.
La particolarità è che il moto degli atomi non è casuale, come crede Dante che descrive il fondatore dell’atomismo, nella “Divina Commedia” , come “colui che il mondo a caso pone”.
Il moto degli atomi, infatti, segue rigorose leggi meccaniche, nel senso che scontrandosi l’atomo con maggiore massa respinge quello di minore massa, per cui il moto vorticoso segue una rigorosa legge meccanica . molto vicina al principio di azione e reazione.
La parola “atomo” significa in greco indivisibile, il che farà sorridere gli ascoltatori, che sanno bene che non è vero che l’atomo sia indivisibile, ma anche a questo il pensiero greco pone rimedio.
7. Anassagora: un atomista “eretico”
Sarà Anassagora, un “atomista eretico” ad asserire che quelli che gli atomisti chiamano atomi non debbono essere chiamati così, perché, avendo massa, a loro volta sono divisibili, per cui l’unità minimale della realtà è quel principio di energia che egli chiama “semi” e che poi Aristotele battezzerà come “omeomerie”.
E’ presente, quindi, l’intuizione dell’esistenze di particelle subatomiche, come è presente in anticipo di 2500 anni la polemica tra J.Modod, che nell’opera “Il caso e la necessità” che ipotizza una vita sorta “per caso” e Antonino Zichichi, che, invece, ritiene indispensabile una Mente Divina che orienti il processo che porta alla vita, somma manifestazione della realtà.
Anassagora li precede e parla di “Intelligenza Ordinatrice” che predispone le omeomerie a quelle combinazioni compatibili con la vita.
8. Conclusione
Il valore eccezionale delle intuizioni, che fa dire che “la metafisica è l’aurora della scienza” (Popper) rende davvero verosimile condividere quello che afferma Windelbad (“I Greci hanno detto tutto”, per cui “la meravigliosa avventura dei Presocratici” ma esprime anche un invito a come disporsi di fronte alla scienza.
In primo luogo l’atteggiamento dello scienziato è di umiltà e coscienza della fallibilità dell’uomo e dei limiti stessi della scienza.
Superbia e scienza non possono andare d’accordo.
In secondo luogo occorre capire che il metodo della scienza è ipotetico-deduttivo, cioè parte da ipotesi, le verifica con gli esperimenti, le corregge ed è aperto ad ulteriori arricchimenti e correzione, in quanto il progresso non termina mai.
In terzo luogo saper distinguere mito e logos, senza rinunziare a nessuno dei due, cioè coltivando l’orizzonte di sentimenti e fantasia, che rendono l’uomo uomo, ma al tempo stesso, nel momento in cui si fa scienza, scegliere il rigore del ragionamento e della verifiche sperimentali.
Infine assumere l’atteggiamento di Popper, che nella sua autobiografia intellettuale afferma : “science is an unended quest “ , cioè la scienza è un problema che non consoce soluzione definitiva, in quanto la verità è intesa come il limite di x che tende all’infinito, si avvicina sempre di più ad esso, ma non lo raggiunge mai.
Pozzuoli, 3 dicembre 2009 Dario Sessa