IL
RILIEVO DI BAIA SOMMERSA note tecniche e osservazioni di Eduardo Scognamiglio |
I primi rilievi condotti nelle acque di
Baia, negli anni 1959-60, avevano l'ambizioso scopo di
definire l'assetto generale delle strutture sommerse
nella rada. I metodi prescelti e i mezzi disponibili
hanno contribuito a recare notevoli progressi in tal
senso, pur se con forti condizionamenti dovuti
principalmente all'assenza di archeologi in grado di
partecipare alle immersioni. Ciò spiega come i rilievi
scaturiti da quelle due prime esperienze siano risultati
notevolmente imprecisi sia nel complesso che nei
dettagli, lasciando ampi spazi d'incertezza anche nel
valutare le funzioni e le fasi di vita degli ambienti
indagati. Solo molto tempo dopo quei pioneristici tentativi, negli anni 1981-1982, ebbe luogo a Baia il primo rilievo scientificamente affidabile, nato dalla stretta collaborazione tra archeologi subacquei e disegnatori realizzatasi nello scavo ninfeo imperiale di Punta Epitaffio. Poi, dal 1984, a Baia si torna a lavorare riprendendo le linee di un programma più ampio mirante al conseguimento dei due imprescindibili obiettivi già evidenziati con chiarezza nell'ormai burocraticamente archiviato progetto del Lamboglia e del Maiuri. Ci si riferisce all'esigenza di fare luce sul vasto contesto geomorfologico dell'area baiana in età antica e alla puntuale lettura di nuclei monumentali scelti in quanto campione significativo, atto a fornire elementi validi alla ricostruzione diacronica dell'occupazione, dell'utilizzazione e dell'abbandono definitivo del sito a causa del bradisismo. Le due esigenze sono complementari ma, in pratica, hanno di volta in volta posto problemi di scelta metodologica. Per quanto concerne l'indagine topografica si è fatto ricorso a strumenti adeguati : nel posizionamento generale ci si è avvalsi di distanziometri elettronici appoggiandosi alla rete del Catasto italiano ; per le riprese fotografiche aeree si sono sperimentate varie attrezzature e materiali sensibili, e altrettanto si è fatto sul fondo marino. Delineato, anche sulla scorta di cartografia di varia natura, l'antico assetto geomorfologico del sito, si è effettuato il rilievo, applicando all'ambiente sottomarino le metodologie operative tradizionali, ben collaudate a terra ( triangolazioni e trilaterazioni, individuazione dei livelli e delle stratigrafie). Per ogni momento ci si è adoperati a raccogliere il maggior numero di informazioni possibile, e proprio grazie all'analisi di dettaglio si è potuta ottenere la chiave di interpretazione per una lettura di più ampio respiro. Nel cavo delle terme sommerse di Punta dell'Epitaffio, ad esempio, il disegno degli ambulacri mostrava un chiaro collegamento con il ninfeo imperiale : il setto murario posto ad occludere l'ambulacro meridionale ed altri vicini interventi edilizi, pressoché contemporanei, hanno indicato che era sopravvenuto un radicale mutamento di funzioni. Illuminante, a tale riguardo, è anche il caso della villa dei Pisoni, che nel suo aspetto attuale evidenzia i segni di una sostanziale ristrutturazione d'età adrianea. Alla prima fase di questo edificio possono probabilmente ascriversi le pescherie al sud, prossime al gigantesco impianto di pilae. Ma l'interesse dell'intero organismo architettonico è accresciuto da dettagli percepibili solo attraverso un accurato rilievo : il cortile leggermente asimmetrico è l'effetto di una sia pur limitata deformazione, dovuta all'esistenza di una struttura più antica ; le semicolonne su lato sud - occidentale hanno intercolumni non canonici e altro ancora. Non lungi dal canale d'accesso al Baianus Iacus il disegno restituisce l'immagine di un comprensorio dai caratteri specificamente privati e di indubbio aspetto << urbano >>. Intendiamo riferirci alle terme e alla villa con l'ingresso a protiro che si affacciano su un asse viario lungo il quale, sul lato opposto, si allineano i resti di un portico e di un secondo complesso termale. La villa dall'ingresso a protiro confina, come si è detto, con un nucleo termale, ma quelli che si allineano lungo la strada non sono locali destinati ai bagni : infatti si è alla presenza di vere e proprie tabernae caratterizzate da un'ampia soglia e da relativi retrobottega. Non manca una forica ed oltre quest'ultima si snoda una serie di piccoli vani quadrangolari con accessi autonomi. In un altro settore di Baia sommersa, quello prospiciente i bastioni della fortezza ristrutturata dal viceré don Pedro Alvarez de Toledo, il rilevamento ha restituito strutture di notevole interesse, probabilmente quelle stesse che compaiono sulla celebre serie di vasetti vitrei baiani. E' ormai profondamente mutato l'approssimativo quadro topografico al quale, ancora nel 1984, si doveva fare riferimento e vale la pena ricordare quanto sostanziali siano state le nuove acquisizioni. In primo luogo, non era stata chiara la distanza che separava l'odierna battigia dal limite del litorale d'epoca classica ; poco o nulla si sapeva dell'assetto dell'arenile romano e della rete di viabilità. Mancava un'idea dell'entità e della distribuzione delle opere di difesa foranea ; si fornivano cifre contraddittorie sulla profondità del fondale ; più in generale, si credeva che il Baianus Iacus menzionato da alcune fonti letterarie fosse il lago Lucrino, mentre oggi si è individuato il perimetro del lago scomparso proprio al centro della rada di Baia. Tanto il Maiuri quanto il Napoli erravano nell'opinare che il lido baiano presentasse, sia pure trasposta qualche centinaio di metri più oltre, la medesima conformazione dell'attuale : là si apriva infatti una laguna costiera. L'esistenza di una laguna costiera lascia intendere la presenza di antichi banchi sabbiosi di altezza omogenea. Gli edifici romani si impiantarono su un'uniforme distesa sabbiosa, pertanto oggi stanno sulla medesima batimetria e quindi non può continuarsi a credere che sotto le onde giacciono ancora interi ambienti completamente occultati dal limo e dai sedimenti marini. Ciò che si trova nelle condizioni sopra esposte è quanto in epoca classica si trovava già sottoposto rispetto al piano terra degli edifici romani ; si tratta perciò, come può agevolmente intendersi, di vasche termali, bacini di ninfei ed eventuali ambulacri di servizio o criptoportici, sicché non può trovar credito l'idea di una parte sommersa intesa come una serie di terrazze digradanti con strutture che sarebbero assestate fino a quindici metri di profondità ( tav. III, a e b ). Al largo di Punta dell'Epitaffio il rilievo del Lamboglia mostrava quella che dubitativamente veniva ritenuta una strada ed una congerie di massicci piloni in muratura intesi come parte superstite di una terrazza sospesa verso il mare. Atri improvvisati ricercatori, qualche tempo più tardi, giunsero alla fantasiosa conclusione che da lì partisse << una lunga strada selciata, larga sei metri, che seguendo un asse rettilineo, si dirigeva verso la costa di Pozzuoli all'altezza dei cantieri Pirelli >>. Accantonata quest'ultima ipotesi, non suffragata da alcuna prova, resta da dire che la situazione riportata dal Lamboglia è stata recentemente chiarificata dalle nostre indagini dirette, alle quali si deve il disegno di un organismo di modi, peschiere, banchine ed edifici che andavano a comporre l'articolato quartiere marittimo della villa dei Pisoni ( tav. A ). Alcune utili riflessioni, infine, possono essere fatte a proposito dell'evoluzione del fenomeno bradisismico. Recentemente le ricerche condotte nel ninfeo di Punta dell'Epitaffio, pur in attesa della pubblicazione definitiva, sembravano aver arrecato prove a conforto di quanto asserito dal Lamboglia in proposito, riferendo al III sec. d.C. l'abbandono di quell'edificio. Non si può condividere tale tesi, giacché nelle vicine terme di Punta dell'Epitaffio le ristrutturazioni ascrivibili al III o IV sec. d. C. sembrano essere motivate dalla normale usura dei livelli pavimentali e non già da un disperato tentativo di arginare le ormai incalzanti acque marine. Se vi fosse realmente stata una crisi bradisismica avremmo dovuto coglierne le tracce direttamente sul mare ; ed anche altrove, in prossimità del canale, le strutture superstiti di terme e ville male si adattano a testimoniare i drammatici toni di un più o meno repentino inabissamento. Assai debole appare l'ipotesi della calamità naturale sopravvenuta nel III secolo, così come nulla depone a favore dell'esistenza del lungo canale che lo Andreae pone dinanzi al ninfeo imperiale. Quella del bradisismo è una storia ancora tutta da scrivere, ma sembra non lontana dal vero l'ipotesi del Frederiksen, secondo cui Baia sarebbe stata in gran parte fagocitata dal mare verso il VII - VIII sec. d.C. |
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